sabato 13 ottobre 2012

Recensione del libro "Hip Hop parole di una cultura di strada" di nicolò de rienzo



Un libro che si può definire real, ovvero un libro concreto, che parla della cultura HipHop senza fronzoli e giri di parole, con molte citazioni tratte da interviste fatte dall'autore a persone che hanno vissuto questa cultura attraverso la realtà delle strade, tra i quali alcuni pionieri come James Top (importante writer dei primi anni '70).
Il libro tocca diversi punti focali di questa cultura, oltre a molti altri che invece non vengono discussi o citati spesso, come il sessismo, le crew, l'old school e la new school, i video, i soldi, ecc. Inoltre offre tantissimi spunti da cui partire, e sottolineo PARTIRE, visto che l'unica pecca di questa pubblicazione è che gli argomenti, seppur esposti bene, vengono trattati in maniera poco approfondita. Chi volesse qualche informazione in più, la potrà trovare in altri libri, alcuni dei quali sono già fra le nostre recensioni.
L'autore cerca di spiegare e raccontare le molte sfaccettature della cultura Hip Hop, dell'ambiente da cui proviene e delle persone che lo vivono.  Non troverete perciò la storia dell'Hip Hop, quindi se vi interessa è meglio puntare su altro.
Comunque questo è un libro che consiglio a tutti, soprattutto a chi si avvicina per la prima volta a questa cultura, dato che è veramente un buon riassunto di quasi tutto ciò che si può trovare nell'Hip Hop. Starà poi al lettore approfondire gli argomenti trattati e la storia della cultura.
C'è da dire un'altra cosa: si trovano molte inesattezze soprattutto nella scrittura dei nomi dei pionieri, sicuramente dovuti ad errori di battitura e non ad ignoranza (un esmpio eclatante è Erk al posto di Kool Dj Herc).

Il capitolo sulla old school e new school è importante per capire la differenza di approccio che c'è fra le due generazioni che non è dovuta alle persone in sè ma ai cambiamenti culturali, ambientali, di marketing, razziali, ecc. che sono avvenuti nel corso degli anni che separano le due realtà.
Come dice Afrika Bambaataa c'è solo una scuola, la "True School" (la vera scuola), che viene rappresentata da tutti coloro che seguono, praticano e vivono la filosofia HipHop, sia che appartengano alla nuova o alla vecchia generazione.

Alcuni spezzoni tratti dal libro:



"Questo libro è un omaggio alle persone che hanno contribuito e tuttora contribuisco a dar vita e una cultura, quella dell'Hip Hop che crediamo di conoscere ma che si alimenta di realtà perlopiù nascoste agli occhi di un osservatore comune."

"Uno dei suoi passatempi preferiti consisteva nell'accorere per vedere immensi stabili andare a fuoco, cosa che accadeva con grandissima frequenza."

"Le strade erano ormai campi di battaglia, i quartieri assomigliavano a roccaforti delimitate da frontiere oltre le quali era bene non avventurarsi a meno che non si fosse in possesso di un "salvacondotto", generalmente rappresentato dai "colori" della gang a cui si apperteneva."

"Le gang però non significavano solo violenza. Oltre a offrire un servizio di difesa del territorio i Black Spades, ad esempio, raccoglievano denaro che destinavano a opere comunitarie e si assicuravano che le persone potessero recarsi a votare regolarmente. Inoltre, ovviando alla latinanza delle autorità cittadine, in collaborazione con le altre gang, si impegnarono nella lotta alla droga."

"Sai, uscivi e cominciavi a sentire quella musica. C'era una stazione radio underground e lì ascoltavamo sempre cose tipo il primo Hip Hop. Per le strade la gente cominciava a rappare e quando andavi al parco c'era chi si attaccava alla luce dei semafori e incominciava una festa. Sentivi tutti i ragazzi del quartiere che dicevano  "Oh, c'è una festa" e quando sei giovane e vai al parco e vedi una ragazza ti viene voglia e incominci ad imitare le mosse. Quella era la cosa migliore… era divertente. Rimanemmo sempre più coinvolti. Avevamo tipo il ragazzo che viveva di fianco che faceva graffiti e un altro che faceva il Dj. Qualcuno si fece prestare il giradischi da uno, e le casse dall'altro…. e iniziò a fare feste. Ci stavamo calando in questa nuova cultura chiamata Hip Hop divertendoci!"

"La sede nacque nel sud Bronx ma, per come era stata concepita, l'organizzazione assunse da subito un carattere "universale" tanto da creare un immediato imbarazzo al governo cittadino che si prodigò per eliminarala. La Zulu Nation e il Centro Comunitario del Bronx River Project che la supportava vennero presto fatti chiudere dal sindaco."

 "Fino al 1979, e da qui nasce anche la difficoltà a ripercorrere le tappe dell'evoluzione storica dell'Hip Hop, l'unica documentazione sulla musica del Bronx era costituita da cassette, nastri per lo più clandestini, registrati nei party o nei club, oppure da autoproduzioni destinate a un giro "intimo" di amici, taxisti, parenti, ragazzini di strada "armati" di enormi registratori."

"La Fatback Band fece uscire il primo disco rap, intitolato "king tim III". "King tim III" venne pubblicato come B-side di una canzoncina mielosa e passò inosservato alle masse. Tuttavia ispirò molti MC aprendo la strada ad altre produzioni che cominciarono a rimpiazzare la circolazione delle cassette pirata."

"Il soul rap nasce dal sermone spiritual. Il brano solitamente inizia con il tono di una conversazione, e si distingue dal sermone dei bianchi semplicemente per le risposte date dai fedeli, una reminiscenza dell'antica credenza africana secondo cui ascoltare in silenzio è un atto scortese, un ricordo delle reazioni del pubblico mentre il griot racconta le sue storie tradizionali."

"Al di là dello "star system" vive un "sottobosco" di persone che lavorano "dietro le quinte" per migliorare le proprie condizioni di vita, anche promuovendo organizzazioni che si prendono cura della comunità.
E' un Hip Hop di cui non si sente parlare, composto da una maggioranza di giovani artisti che non sono ricchi e non si atteggiano a gangster. Queste organizzazioni non godono di finanziamenti e vivono grazie all'entusiasno e al sacrificio di chi ne fa parte."

"Gli sforzi della Tats Crew non si esaurirono qui ma contribuirono al miglioramento delle condizioni del proprio quartiere.  Vorrei vedere il mio quartiere progredire. Come molta gente della mia età… che cerca di rendere il quartiere migliore. Ora magari cominci a vedere che non c'è più droga agli angoli delle strade, che non c'è più un gruppo di persone che cerca di fare il culo a un altro… ma questo non significa che non ci siano più crimini là fuori… che non ci siano più sparatorie. Questa roba continua, ma non è più come certi giornali dicono o come vedi da altre parti… Cercarono allora collaborazione all'interno del quartiere stesso. La prima cosa che abbiamo fatto come compagnia… è stato riunire altre compagnie che ci aiutassero a ripulire il quartiere. Così la comunità ha cominciato a dire "Ci piacciono questi ragazzi"… e hanno sponsorizzato altre compagnie affinchè ripulissero quelle aree dove le persone avevano addirittura paura di camminare tanto era sporco. Ora noi ci dipingiamo e contribuiamo a ripulirlo."

"Le parole di Kwame Toure lo hanno ispirato: Si dice "chi controlla la cultura, controlla le persone". Ora come ora la nostra cultura non è controllata da noi stessi e certi aspetti della nostra cultura sono esaltati in maniera controproducente. La gente chiama l'Hip Hop cultura. L'Hip Hop è una sottocultura… Kwame Toure una volta mi ha detto: "l'Hip Hop ha preso molte cose in prestito dalla cultura nera. Tu sei in grado di fare Hip Hop perchè ci sono state persone che hanno contribuito alla cultura nera. Perciò, dal momento che fai Hip Hop, dovresti farlo con un solo scopo: eccellere in ciò che fai e restituirlo alla tua cultura così da contribuire al progresso della tua gente. Se non fai questo, è un suicidio, non è progresso".

"Il razzismo, su una sponda o sull'altra , è alimentato dall'ignoranza, intesa propriamente come "non conoscenza". La cultura appare un rimedio, se non miracoloso, efficace, la la dote "naturale" della sensibilità può aiutare. Se l'ignoranza spinge a non considerare le diversità, di fronte all'evidenza, solo la mancanza di sensibilità impedisce di ammettere un'incongruenza".

"Ma per fare questo, spiega Sammy B, si deve essere un True MC. Un True Mc non sacrifica i suoi ideali al successo o al denaro. Il suo scopo è quello di perseguire la rivoluzione mantenendo un comportamento ineccepibile che serva come esempio per gli altri. Riferendosi ai Gangsta rapper egli muove una severa critica: Alcuni fratelli là fuori parlano da coglioni e non vivono neanche lo stile di vita che esaltano, ma spingono altra gente ad adottarlo. Ma è uno stile di vita molto breve…"

"Voglio una vera rivoluzione, tuttavia vorrei vedere una rivoluzione pacifica, che nasca dalle vibrazioni positive. Le persone con vibrazioni negative non verranno neanche da te, perchè non stai facendo nulla per loro, stai solamente cercando di essere positivo. E se la tua presenza è positiva e tu non hai problemi con nessuno, sei in grado di startene fuori e parlare, senza calpestare i piedi a nessuno. Quando sei capace di creare quest'atmosfera e hai qualcun altro con te che contribuisce a creare quest'atmosfera positiva, poi la diffondi tutt'intorno a te e puoi cambiare un sacco di cose. Devi fare le tue cose, e fare quelle giuste. Allora altre cose cominciano  ad accadere e quando ti si presenta l'occasione per cui hai lottato così a lungo la cogli nel migliore dei modi, capisci, vai per la tua strada e lo fai alla grande per sempre".

"Dice Sammy B, sconsolato, del cambiamento avvenuto nell'Hip Hop: Ho visto l'Hip Hop cambiare. Solo materialismo… ed è una gran stronzata. Un tempo gli MC rappavano conoscenza".

"La maggiore influenza sui giovani è esercitata dagli MC. Npatron: Influenza sui ragazzi? Non è tanto che influenziamo i ragazzi, ma mandiamo messaggi, capisci? Se un MC fa rime che sono una merda,  ci saranno dei ragazzi che poi diranno "Ma vaffanculo" perchè è questo è quello che trovano sui dischi. Ma ognuno ha i suoi diritti… e per di più un bambino non sa nulla quando è nato. E' l'ambiente stesso che contribuisce a formarti socialmente.
Non si può solo parlare di "merda" ma bisogna rendersi conto del peso delle parole.  I testi hanno un gran potere, amico, e non credo che i rapper capiscano quanto i testi abbiano potere.

3 commenti:

  1. Raga, grazie per la recensione e ora taglio le orecchie a chi ha cannato la battitura del nome di Kool Dj Herc! :-D Tenete presente che è stato fatto nel 1999 e poi rivisto nel 2003. In quegli anni non c'era un granchè di bibliografia sul tema. Nel 1999 ho fatto fatica a trovare roba persino in USA!!! Sono stato un po' un pioniere come Bambaataa :-D

    Ciao

    Nicolò

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    1. Smogone: Si si posso immaginare visto che ancora adesso i libri sulla cultura HipHop in italiano non sono molti, figuriamoci negli anni 90. Adesso abbiamo la fortuna di avere internet che dà la possibilità a chi è seriamente interessato di raggiungere le informazioni che prima si trovavano a fatica o proprio non si trovavano. Per fare un esempio ho conosciuto il tuo libro proprio su internet, figurati se qui a bassanol'avrei mai trovato in libreria ;) cmq grazie a te per il libro e per aver dato modo a molte persone di conoscere questa cultura. Peace

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    2. Se pensi che io mi andavo a leggere gli articoli anni70/80 sul microfilm alla Public Library di NY! Ora con internet è un'altra vita ehhehe

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